Biscottino è il nome che mi sono dato da fotografo, con questo nome corro coi Podisti da Marte. Andrea è il nome che porto nella vita, vita che con me è stata gentile mi ha dato amaro e dolce, luci ed ombre, amore ed odio.

domenica 27 novembre 2011

Paris, Île de France, (FR) - 29123

Ho preso spunto da un'idea di un amico, che ha messo come titolo del suo ultimo posto sul blog il numero di pettorale della sua prima mezza maratona tentata, i suoi primi forse 21 km.
Anch'io ho deciso di mettere nell'oggetto il numero del mio pettorale della mia forse prima maratona, dei miei forse 21 km, nel mio caso l'incertezza non è solamente una incertezza di tipo atletico, dove gambe, testa e fiato devono andare all'unisono per finire questa corsa, ma nel mio caso centrano anche difficoltà soggettive, dubbi e motivazioni.
Queste settimane sono state molto difficili per me, settimane dure, settimane dove un intero progetto di vita, che vedeva il suo goal proprio in questa mezza maratona è stato spazzato via nel tempo in cui una libellula batte un colpo di ali. In realtà, i segnali, perché questo progetto fallisse erano ben presenti da tempo, soltanto la mia ingenuità ed il mi ottimismo mi hanno fatto pensare per tutti questi messi che potesse concretizzarsi.
Io ho dei problemi, parecchi problemi, ma un problema su tutti mi assale fin dai tempi più remoti: è la sindrome di Calimero; io mi sento sempre ed ovunque inadeguato.
Mi sento inadeguato ogni giorno al lavoro, quando parlo con i miei amici, quando scrivo su questo blog. A volte mentre parlo, mi vedo sempre piccolo, bambino, che viene guardato e deriso dai suoi interlocutori, brutto vero? arrivare alla veneranda età di 44 anni sonati e vedere il mondo con gli occhi di un bambino, insicuro, inadeguato.
Questa cosa mi ha sempre accompagnato, con i suoi alti e bassi, come accade con tutto nella vita, ormai ci convivo da sempre.
La logica conseguenza di questa cosa è che il mio problema fa di me l'eterno perdente, l'eterno Paperino della mia vita reale. Io sono sempre dietro. 
I fatti duri della mia separazione, l'aggressività delle vicende giudiziarie ad essa legate, hanno ridotto leggermente la fase Calimero, ma alla fine, come il famoso divano di Fabrizio, essa torna. Piano piano noi torniamo sempre alle nostre origini, al nostro equilibrio.
Chi non si ricorda Fantozzi, ad ogni tentativo di ribellione tornava ad essere più "pecora" di prima. Se vogliamo citarla diversamente il lupo perde il pelo, ma non il vizio.
Ho sempre pensato che una cosa che potesse tenere bassa la sindrome di Calimero fosse avere degli obiettivi, anche stupidi, che però sembrano importanti che ti galvanizzano, che ti fanno pensare di essere "grande" o per lo meno all'altezza degli altri.
Io ed Ale abbiamo 9 anni di differenza, classe 1967 per me, questi 9 anni, con il tempo, diventeranno un grande delta, non posso non pensare che quando avrò 50 anni lei avrò ancora meno dell'età che ho io oggi. Non potrò non pensare che arriveranno giorni che non potrò più fare con lei ciò che lei vorrà fare. 
Ale corre da tanto, ma mai aveva affrontato la distanza di 21 km, la mezza, avevano iniziato assieme a preparare la nostra mezza, la corsa che ci avrebbe unito, passo dopo passo, difficoltà dopo difficoltà. La grande incognita, io avrei potuto sorreggere lei e lei avrebbe sorretto me nei momenti di difficoltà. Uniti nella corsa come uniti nella vita.
Poi il 22 gennaio, il mio ginocchio, già non proprio sano di suo fa "clack" - quei clack malsani, quelli che preoccupano - e da li inizia il mio percorso per rimettere in sesto una gamba che non mi avrebbe portato molto lontano, sicuramente non avrebbe retto i ramponi o gli sci, ma non avrebbe retto neppure la corsa lunga su strada.
Nei giorni successivi, Ale mi comunica che avrebbe utilizzato il mio personal trainer per prepararsi più scientificamente alla corsa, per arrivare alla mezza maratona.
Da li cominciai a capire che il mio sogno stava piano piano per svanire. Avrei dovuto capire chiaramente il messaggio che stava arrivando, o meglio lo stavo capendo benissimo, ma per tutti questi mesi ho fatto finta di non sentirlo, non volevo sentirlo. Ero sicuro, così sicuro che la mia Ale mi avrebbe aspettato, che avrebbe voluto correre a Parigi, che avrebbe voluto me al suo fianco a sorreggerla passo dopo passo nell'avventura dei 21 km. 
In cuor mio lo speravo tanto. Sarebbe stata l'occasione di non essere l'eterno secondo, di non essere ancora una volta inadeguato, di non essere sorpassato, perdente. 
Certo si trattava di rimandare per un po', ma poi alla fine mi diceva sempre che l'esordio deve essere fatto in una bella corsa e non vedevo belle corse.
A fine dell'estate ha iniziato a raccontare che Cesano Boscone potrebbe essere una buona mezza per provare, vicina a casa, tranquilla.
Ciò che ormai da mesi sentivo andava rafforzandosi. Il cuore mi diceva "la farete assieme", la testa mi diceva "anche stavolta non ce la fai".
Per un qualche giorno pensavo di farcela: a Cesano Boscone la mezza non c'era più. Non avevo fatto i conti però con un'altra gara, che non era proprio sotto casa e forse neppure tranquilla, ma ormai la voglia dei 21 in Ale superava ogni cosa. Così un giorno mi dice che potremmo correre assieme l'Alpincup, io la 10 le la mezza.
In quel giorno già iniziai a perdere la voglia di "gare", iniziò un filo a darmi il vomito l'idea dello start, del percorso, del PB, del passo etc.
Peccato ritornare di colpo nel limbo dei secondi, in un cero qual modo - anche se il termine è troppo pesante - dei falliti. 
Arrivò Cesano. La fortuna giocò a mio favore quello giorno, grazie a un po' di naso chiuso e brutto tempo riuscii a evitare accuratamente la corsa, ormai l'idea di correre a fianco di Marinz e C non mi entusiasmava più. Poi venne l'Alpincup e come l'ho saltata è già stato descritto accuratamente in un mio precedente post.
Il giorno dell'Alpincup credo rimarrà dentro di me per tutta la mia vita, è stato il giorno in cui definitivamente il castello crollava, le mura e i barbacani non ressero all'impatto e la fortificazione, creata in me dalla certezza di correre con Ale la nostra prima mezza, si ruppe. Quel giorno avrei voluto non essere li, ma altrove, avrei voluto essere in qualunque altro posto del nostro pianeta. Quel giorno tutto andò male per me.
Mi sono dovuto alzare di buon'ora, accompagnare Ale sul "luogo del tradimento", salutare Peppe ed altri, avere la conferma di essere estraneo, persino Ale non s'è accorta della mia presenza sulla linea di partenza, ho dovuto attendere due ore, da solo al freddo, che la mia tragedia personale finisse. In aggiunta già a questo ho pure incrociato Ale e Peppe circa al 17esimo Km ed è stata una vera coltellata. Alla fine ho visto la gioia di Ale, ho visto l'abbraccio - sportivo - di felicità che ha dato a Peppe, mi si è spezzato il cuore.
Che pessimo ricordo che ho, e come odio quel maledetto parco Nord, sarà pure bellissimo, ma personalmente, credo, che non ci metterò più piede di mia spontanea volontà.
Ho assistito, così, alla fine delle mie speranze, del mio sogno.
Qualcuno leggendo i miei post mi disse "non puoi essere geloso di Peppe" ed infatti non lo sono, Peppe ha fatto quello che doveva fare, ero deluso da Ale. Alla fine, però, ripensandoci, anche Ale ha fatto quello che doveva fare. 
Ed io? bhè, io sto facendo i conti con me stesso, ma saprò fare quello che devo fare?
La sensazione che ho provato nei primi momenti è stato di tradimento, Ale aveva tradito le mie speranze, i miei sogni e questa cosa mi faceva molto, ma molto, male. Passata questa sensazione ho provato smarrimento, che poi è quello che provo ancora oggi. Provo lo smarrimento di chi ormai non sa più cosa condividere, che non sa più cosa fare. 
E' bello oggi poter scrivere in libertà, senza freni come se fosse una liberazione interiore, ciò che si prova. Oggi con Ale abbiamo parlato molto di questo fatto, oggi lei sa esattamente cosa ho provato e cosa provo ed io so, ma ho sempre saputo, cosa l'ha spinta a farlo.
In serata abbiamo acquistato i biglietti aerei e prenotato l'hotel per la mezza maratona di Parigi, io nella testa ho ancora molta confusione, alla fine questa mezza la dovrò correre (volente o nolente), ma cosa proverò sia durante il percorso sia al traguardo è una grande incognita. C'è molto tempo, il tempo cura ogni male ed ogni dolore, e ciò che proverò lo saprò solamente domenica 4 marzo, certo è che dovrò rivedere quel giorno in un ottica molto più egoista, se mi andrà di correre dovrò farlo per me e solo per me, così come la felicità di aver corso dovrà essere solo mia. 
Sicuramente so che avrò al mio fianco un pacer eccezionale, ma io non dovrò far altro che correre, non sarà più  l'avanzare passo dopo passo che mi immaginavo nella mia visione romantica di quella corsa e forse di tutte le corse. 
Per lei non ci sarà più l'incognita dietro ogni passo da condividere con me, i passi li ha già compiuti tutti uno in fila all'altro nel Parco Nord, ha scelto di condividere quelle incognite con Peppe.
E' chiaro che questo episodio non ha cambiato minimamente i sentimenti che provo per Ale, lei continua spesso a leggere i miei pensieri, ed è in sintonia con me. Io l'amo più di me stesso.
Ora, però, devo trovare il modo di uccidere Calimero, che si è molto rafforzato in me, mi sarà difficile trovare qualcosa di unico da condividere con Ale, che mi permetta di sentirmi forte ed adeguato. 
Questo è un momento difficile. 
Per ora ho fatto mio l'obiettivo di far crescere la mia gamba Sx e a questo mi sto dedicando al 100%, la cosa mi fa anche correre poco e, onestamente, non sono dispiaciuto di ciò.
Mi spiace di avervi tediato per l'ennesima volta con i miei problemi personali, ma io l'avevo detto all'inizio, queste righe sono per me lo sfogo, la possibilità di buttare parole, anche sconclusionate a volte, nel vento dell'oblio sapendo che poche persone lo leggeranno, perché alla fine i perdenti non piacciono a nessuno.

1 commento:

  1. All'inizio volevo scriverti: ehi ma chi è che ti hai ispirato per il titolo del post? :oP
    Poi mi veniva in mente la canzone di Finardi: Willy il Coyote. E credo che in un certo senso, ora che ho finito di leggere il tuo post, ti si addica: non si arrende mai.
    Le difficoltà della vita sono fatte per essere superate e le prove rafforzano e ci fanno capire come vivere con le persone che ci circondano!
    Come ho già scritto, o forse l'ho solo pensato, la corsa è una questione da "single". E' un confronto con se stessi, i propri obiettivi e i propri limiti.
    Ma la cosa più importante è capirsi e farsi capire da chi ci circonda, soprattutto dalla persona che si ama.
    E questa consapevolezza la leggo nel tuo post... piano piano stai uscendo dalla fase "calimero" ed entrando in quella "willy" in cui non ci si arrende mai :)
    Non so se ti farà piacere ma seguirò sempre le tue imprese sportive, sperando che un giorno tu possa realizzare i tuoi sogni, cercando di spronarti anche con commenti come questo ;o)
    Un sorriso :)

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