Biscottino è il nome che mi sono dato da fotografo, con questo nome corro coi Podisti da Marte. Andrea è il nome che porto nella vita, vita che con me è stata gentile mi ha dato amaro e dolce, luci ed ombre, amore ed odio.

domenica 18 marzo 2012

Scarpa d'oro 2012

Tutto doveva partire la settimana scorsa, quando come dei naufraghi disperati arrivammo nella città di Parigi per correre, problemi importanti hanno impedito il mio svolgimento della corsa, credo che assistere la persona con cui si è deciso di passare tutto o una parte del percorso della vita sia più importante di correre una corsa, bella che essa sia. Al ritorno da Parigi il mio tendine rotuleo ha iniziato ha fare le bizze e ha imposto uno stop forzato alle attività di corsa per tutte e due le settimane, sono arrivato a Vigevano sabato, per il ritiro pettorali, con Ale e due delle persone a cui voglio più bene, con il ginocchio ovattato e infastidito per ogni movimento "non canonico". Questa sensazione la conosco bene, ho imparato a conoscerla a mie spese durante questi mesi maledetti, ma la mia decisione è stata di correre lo stesso. Le scommesse per il mio caso erano sul kilometro a cui mi sarei fermato. 
La scarpa d'oro è la corsa che si corre, da sempre, nella mia città Vigevano. Sono nato, cresciuto a Vigevano, le vicissitudini esistenziali mi hanno fatto approdare a Cesano Boscone, ma un pochino la città lomellina è rimasta nel mio cuore, specie il suo centro storico che adoro. Ricordo la scarpa d'oro di 5 km con pochissimi corridori, si andava sempre in piazza, che per me che abitavo in periferia, estrema periferia, direi al bordo delle marcite, sembrava lontanissima e fighissima. Guardavo i top runner dell'epoca correre, l'atletica non è mai stato il mio sport, ma era sport e lo adoravamo.
Io non corro da tanto, sono arrivato qui con una preparazione inadeguata per affrontare 21km, troppo vicino l'infortunio e troppo poco tempo per recuperare, o meglio imparare, il gesto della corsa. Ho deciso comunque di correre e così è stato. 
A Parigi ero teso, emozionato e nervoso, ma non ho corso. Qui ero rilassato e sicuro che il ginocchio non mi avrebbe permesso più di 5 km. SUllo sparo parto e, stranamente, tutto sta andando bene, le gambe girano, il ginocchio non fa male e riesco a tenere un buon ritmo (per le mie codizioni attuali e generali, non dimentichiamo la pippitudine intrinseca). Faccio il giro in centro e me lo godo tutto, vedo i luoghi della mia vita passarmi davanti; lo strano è che io sto correndo, io considerato da molte persone (che fortunatamente ho perso per strada) sempre pigro e svogliato. Si imbocca via Madonna dei Sette Dolori per ritornare allo stadio e rivedo "il Cavallino" - ora bar Dante - dove andavo a lezione di chitarra da un bizzarro vecchietto che solfeggiava a "plum", "plam", "plum", "plum". La chiesa con il suo oratorio dove ho preso la patente e si ritorna allo stadio. Le gambe continuano ad andare bene, girano bene, prendo il bivio per la 21 girando verso la periferia, i canali. Corro, ma all'ottavo chilometro arriva il primo acciacco, un dolore persistente al linguine destro che mi fa rallentare, ma va bene, sono solo un po' più lento, tutto gira bene. inizia il giro della campagna e rivedo, con piacere ed occhi nuovi la chiesa della Buccella, dove mi sono sposato, e appena prima la ex-casa della mia ex-moglie - dove ha vissuto fino al 1984, appena prima di fidanzarci - i bei cani Husky non ci sono più.
Al quindicesimo chilometro - purtroppo - cominciano i cazzi, quelli veri, il ginocchio comincia a regalarmi delle fitte abbastanza forti in appoggio accompagnato da una stanchezza generica sulle gambe e male alle caviglie. Lo so, sono al mio limite, mai corsi più di 15/16 km e una volta sola 15 giorni prima. Rallento e rallentando avviene il dramma, sotto una certa velocità la biomeccanica della mia gamba si altera e l'appoggio si appesantisce, questo aumenta ancor di più il male, dovrei accelerare, lo so, ma non riesco le gambe sono cotte. Dopo qualche metro devo decidere di camminare, non avrei mai voluto, è stato difficile, ma inevitabile, a quel punto so che il continuo sarà un alternarsi cammino e piccola corsa dolorante. Pazienza. Comincia il calvario.
Ale è stata pazientemente al mio fianco, lei avrebbe potuto allungare da tempo, ma è stata li e io sento dentro un misto di felicità e tristezza; sono felice perchè è al mio fianco, ma nello stesso tempo triste perchè avrebbe potuto fare diversamente, fare una corsa vera; inoltre ho paura che il ritmo così abbassato le provochi un infortunio.
Devo resistere anche a un sacco di inviti a ritirarmi: prima l'ambulanza, poi un commissario di percorso, poi ancora un altro (seriamente preoccupato per la mia andatura), poi la stessa Ale che mi dice "fatti accompagnare". Oggi ho capito perchè molti pensano che io sia un testone. Alla fine a piccoli passi e piccolo troppo veniamo raggiunti dal Compa, bello vederlo con noi per un po', è sempre una sicurezza. Gli ultimi chilometri li facciamo con l'ambulanza e i commissari che riaprono le strade al nostro passaggio, al ventesimo l'ultimo invito per salire in ambulanza, che declino gentilmente (sfanculandolo nel cuore). Ormai  manca poco, e siamo in vista dello stadio, all'entrata vedo il commissario dell'ultimo invito che mi fa i complimenti, sono pur sempre un testone, ma soprattutto vedo Dario. Mi aspetta ha la bandiera in mano e corre con me questo giro di pista, io reggo IMMERITATAMENTE la bandiera che porterò al traguardo. Finisco ultimo, con un tempo ridicolo, stravolto e con parecchio dolore. Sono però felice. Non pensavo di riuscire, oggi, a correre questi 21km (bhe anche i 97 metri) ma ce l'ho fatta. Sono arrivato ultimo, non posso che migliorare o confermare alla prossima mezza, dove spero di arrivare più felice. 
Nel pomeriggio mi arrivano le congratulazioni di Alessandro, il mio PT, dove mi dice che non si aspettava riuscissi a finire (per via dei problemi in settimana) e che i prossimi due giorni saranno la cartina di tornasole per il ginocchio. Alla fine, oggi il ginocchio non s'è gonfiato e non mi ha fatto male: è un buon inizio.
Sul traguardo ho trovato Donata che mi ha stretto in un abbraccio, ero troppo stravolto e dolorante per gustarlo sul posto, ma nel pomeriggio ho ripensato a questo momento e mi ha reso felice, anche se, alla fine sono pur sempre arrivato ultimo.
Oggi vedo Ale contenta e sorridente, posso ricordare Dario e Donata - a cui voglio tanto bene - sperando che gli occhi fissi di Ale mentre sviene possano finalmente andare nel dimenticatoio. 
Giornata dalla forti emozioni, nella mia città natale, che strano, negli ultimi anni della mia vita era diventato un luogo di tristezza e "morte".
Domani è un altro giorno, ma so che potrò riprovarci seriamente.