Biscottino è il nome che mi sono dato da fotografo, con questo nome corro coi Podisti da Marte. Andrea è il nome che porto nella vita, vita che con me è stata gentile mi ha dato amaro e dolce, luci ed ombre, amore ed odio.

venerdì 27 aprile 2012


Grazie a tutti per la vicinanza, mai in vita mia mi sono sentito così coccolato e così abbracciato dall'affetto degli amici, tanti amici.
Forse per la concitazione nella scrittura o forse la necessità di riordinare velocemente idee che ordinate non sono, tipico del nostro tempo dobbiamo essere veloci a tutti i costi, potrei non essere stato chiaro, doveva essere un intervento di poche righe, invece è uno dei post più lunghi, disordinati e poco chiari che io abbia mai scritto. 

Vorrei precisare alcune cose, che è necessario precisare:

Per prima cosa, non è un addio, ma semplicemente la necessità di staccare la testa dalla pressione. E' vero quando si dice non devi pensare a cronometri, ma è anche vero che è inutile partecipare ad una mezza maratona, con limite a 2:30 quando sai che non starai in quel tempo e quindi qualcuno, prima o poi ti inviterà, più o meno gentilmente a lasciare. Quanto questo possa essere frustrante potrà raccontarvelo chi lo ha provato, magari recentemente. Frustrante perchè si vede svanita la possibilità di provarci, di provare ad arrivare alla fine, fine di una tappa del viaggio. 

Ho visto termini come piacere e vittoria. Vittoria è fuori luogo e fuori discussione, ci sono molti elementi, il primo è il colore della pelle, che fanno si che il termine vittoria sia incompatibile con la mia condizione di podista. Piacere, ecco, questo termine è sicuramente più attinente, ma cosa è il piacere? E' piacere non riuscire laddove si spera di riuscire? E' piacere sapere che la compagna con cui vivi potrebbe correre come una gazzella ed invece sta li al tuo fianco a soffrire perchè le tue gambe non vanno? E' piacere svegliarsi alle 6.30 per partire con l'auto per un luogo lontano, cambiarsi, partire sapendo che prima o poi qualcuno ti dirà: "E' tardi, sei fuori tempo, dobbiamo riaprire, accosta". Non è eroico, è stupido e poco divertente. 
Riscoprire, invece, che il proprio corpo piano piano comincia a rispondere alle sollecitazioni, che il ginocchio riprende a rimbalzare, che il passo comincia a girare e che le scale sono tornate scale e non più incubo è più piacevole. Ci sono però momenti in cui è necessario che la testa stacchi, non per sempre, ma stacchi. 

Tornerò, certo che tornerò, i marziani sono splendidi, così come è splendido il progetto che si porta avanti giorno per giorno, devo solo ripararmi.

In generale, spesso, ed io sono il primo a farlo, pensiamo di sapere ciò che è meglio o peggio, ma in realtà ogni persona, ogni uomo o donna, è differente dall'altro, ognuno di noi è singolo, la nostra singolarità non dipende dal fatto che somaticamente siamo differenti l'uno dall'altro (c'è chi è più peloso, come il Capitano, chi è più ciccio, come me, chi ha il naso o le orecchie grosse ... e qui mi fermo) ma la nostra singolarità sta nel bagaglio di esperienze, di sentimenti, di sogni e di ambizioni che coviamo nel nostro cuore e nella nostra testa. Apro una piccola parentesi i crimini peggiori sono proprio quelli che invadono e spezzano sogni ed ambizioni, che toccano gli uomini nell'anima e nei sogni. 

Io arrivo da una esperienza e un passato privo di condivisione, privo di momenti di gioia vissuti assieme. Spesso passavo il mio tempo libero a "fare cose" per l'altra persona, mai per me e soprattutto mai per noi. Ora ho una vita nuova, con una donna meravigliosa che riempie la mia vita di gioia ed attenzioni. Molti momenti li abbiamo passati condividendo proprio la corsa, ora però non riesco più e per ora con questo devo fare i conti. Qui inizia il viaggio, perchè di inizio si parlava nella citazione di Marino e non di arrivo, inizia un viaggio nuovo che non so dove mi porterà, ma sicuramente passerà nel cercare momenti assieme, ma nella consapevolezza che non devo diventarne un peso. Non posso pesare su Ale, non devo pesare su Ale e vorrei lo capisse.

Ora devo solo comprendere come incastrare tutti i tasselli e come rimodulare il nuovo, questo devo farlo da solo lontano da uomini e donne in mutandoni con grossi orologi ai polsi e strani copricapi. 

Alla fine, purtroppo per voi, è un arrivederci, non un addio... 


giovedì 26 aprile 2012

Sarebbe più semplice, ma ...

E' un brutto periodo per me ed il mio ego, anche se ormai è rilegato nel polveroso ed inutile indice di un libro dozzinale di pessima scrittura, è un po' frustrato. 
Guardavo oggi le foto di maggio 2011 quando erano ancora evidenti i buchi lasciati dall'artroscopia ed il gonfiore al ginocchio. 
Che palle, direte tutti voi, sempre con questo ginocchio.
In realtà il fracasso del mio ginocchio è stato un evento che ha segnato tutto il 2011 e sta segnando anche il 2012, è passato 1 anno e 8 giorni dal giorno dell'intervento, sapevo che non era una passeggiata e che il recupero sarebbe stato difficile. Ho commesso degli errori? sicuramente! ma chi non ne commette. Ho commesso l'errore di voler correre, correre a tutti i costi, di sottovalutare il tempo che passava e la gamba che non si ingrossava, ho commesso l'errore di voler tornare "nuovo". Nuovo non tornerò, si sa, ogni infortunio lascia comunque un segno, nel mio caso l'infortunio è arrivato in una fascia di età non più reattiva dal punto di vista della crescita muscolare ed a questo devo aggiungere una serie di lacune preesistenti sul mio fisico che, oggi, ho deciso di recuperare.
Succede così che oggi mi guardo e vedo che la mia camminata è meno dinoccolata di prima, che tutto sommato la corsa, anche se lenta e debole, è più fluida, la mia gamba sinistra oggi lavora come la mia gamba destra, l'equilibrio è migliorato, insomma, alla fine è stato come ricominciare.
Ricominciare è brutto e duro, ricominciare vuol dire ripartire da zero, vuol dire che ciò che eravamo non lo siamo più. 
Il 18 aprile 2011 entravo in ospedale pieno di speranza sicuro che avrei recuperato un arto, già in difficoltà, in breve tempo, pensavo che la mia assenza fosse breve e che il ritorno sarebbe stato fulmineo e più performante di prima. Sono entrato in ospedale con la capacità di correre costantemente per circa 10 km al mio passo naturale sui 5.50 min/km, pensavo che in un istante la sistemazione di un crociato rotto da anni mi avrebbe portato a ripartire da 5.50, non è stato così. Tendenzialmente io ho le cosce grosse, robuste e muscolose da sempre, si vede fin dai filmati in super otto di quando ero bambino e camminavo col costume al mare, il 19 aprile 2011 mi guardavo la gamba, avvolta in una calza bianca e vedevo l'osso della coscia come avviene quando guardiamo le cosce di pollo del supermercato. Il 20 aprile con uno sforzo sovraumano riuscivo a malapena ad alzare di un dito il tallone del piede in isometria, io che fino al 17 aprile facevo circa un centinaio di alzate, in vario modo e titolo, in isometria. Il 17 aprile la mia coscia era come il marmo (turgida e nodosa, avrebbe detto SuperSex - ricordi di adolescenza), il 19 aprile era gelatina bloccata, non riuscivo a piegarla e nella rotula sentivo un dolore mai provato prima, forte, intenso, inevitabile, un dolore che ti chiudeva la gola, il dolore osseo del tunnel. Nei giorni seguenti piano piano sono riuscito a costruire piccole serie di isometria, 10 ogni ora, piccole serie per i glutei, 5 ogni ora, sudavo e facevo fatica, la gamba faceva male. Ero ancora un fiore ottimista. Ho lottato, litigato, ho messo duro lavoro: volevo partecipare alla Midnattsloppet il 18 agosto. L'ho fatto, un pezzo corsa, un pezzo camminata, ma c'ero.
Avevo un sogno correre la mia prima mezza con la prima mezza di Ale, il sogno si è infranto in una giornata di novembre con l'Alpin cup, quando Ale ha scelto Peppe per condividere il suo sogno. Pazienza. Poi è arrivata la mezza di Vigevano, la scarpa d'Oro, bellissima corsa, con una organizzazione degna di lode, anche li il sogno di una mezza, il sogno di un recupero ha iniziato a vacillare niente corsa e niente muro per il sottoscritto, zoppicavo, correvo rigido un fastidioso male al piede destro e alla caviglia sinistra mi torturava e si sommava ad un dolore intenso nel ginocchio "matto". La scarpa d'Oro è stata sicuramente un'esperienza, esperienza che mi ha fatto comunque capire che non è tempo e non è ora. 
Ale alla MCM si è divertita, molto, divertita perchè ha corso, nel termine corretto, ha corso per lei, per la sua andatura: "... ho corso con loro, affiancati, vanno piano 5.50". Io non riuscivo a farne 6.40: 1 minuto in più al km, un'eternità! Poi Genova dove Ale finalmente vola e chiude sotto le 2 ore.
Qualcosa si è rotto.
Oggi è stato per me giorno 2, giorno 2 è caratterizzato da correre mezz'ora il 15% più rapido del passo tenuto nei migliori 10 km della domenica. Oggi sono uscito, dopo il riscaldamento ad andature (per alzare il battito, devo correre partendo già in alto) ho corso un po' meno di 30 minuti, ma ho corso più di tre km, ho corso d'istinto e ho ritrovato il mio passo 5.50, così naturalmente senza forzare le gambe; ora il problema è il mantenerlo nel tempo, ma per quello si lavora. Le gambe finalmente ammortizzano, tutte e due, reagiscono, tutte e due, e la testa è libera, la testa oggi lasciava appoggiare i piedi senza controllarli, senza pensare. Lasciava che tutta quella impalcatura che abbiamo costruito in un anno e passa (compresi i plantari ortopedici) lavorasse al meglio, ai polpacci, massacrati in giorno 3, lasciava la spinta, lasciava che spingessero anche le dita dei piedi. Oggi tutto iniziava a girare come deve girare. Ma qualcosa s'è rotto.

Questo è un nodo Marchard, anche se molto poco nobilmente realizzato sulla gamba del mio ferro da stiro, per chi non è avvezzo ai nodi, questo nodo, realizzato nella versione monodirezionale (come nella foto), permette all'asola di scorrere in un solo senso. Anche io ho bisogno oggi del mio Marchard, ho bisogno anche io di essere sostenuto dal mio nodo che impedisca al sottoscritto di scivolare verso il basso, di cadere. Il bello del non è che chi ne ha bisogno è lo stesso che deve realizzarlo, e quindi, alla fine, si è nell'operato delle proprie mani e delle proprie capacità. Io non sono bravo a fare nodi con la corda figuriamoci dei nodi nella vita, però è arrivato il momento di provarci e di avere un piccolo nodo su un cordino da 10 che mi permetta di risalire, con tranquillità. 
Nel mio precedente post un amico, sincero, scrisse "Ripartire e riorganizzare i propri obiettivi è un primo passo per un grande viaggio." il problema vero è riuscire a organizzare il nuovo viaggio conservando gli attuali compagni di viaggio, o almeno quelli importanti, e questa è la parte difficile.
Dove porterà il mio nuovo viaggio non mi è dato di saperlo in questo momento, sicuramente oggi devo pensare a molte cose, a come alcune decisioni non debbano pesare sulle passioni di Ale, che occupa il posto dei posti nel mio viaggio. Ad oggi ho solo deciso di disintossicarmi, di lasciare che i cronometri, le grandi corse, le maratone, le mezze maratone, le ripetute diventino un affare privato, ho deciso di non condividere più i tempi e di non vivere più di corsa. Non cancello Facebook perchè alla fine mi piace e ritornerò, ma semplicemente non lo leggerò per un po' (amici che leggete il blog, scusate l'assenza, ma sono sempre io ed ho una mail che tutti conoscete). Così come per un po' nessuna corsa.
Per questo motivo il 10 maggio non sarò alla missione marziana, non sarò Shilo, o Milo, al fianco di Ale, sarebbe più semplice dire ho un impegno, non posso venire, ma la verità è un altra, non ho voglia di venire, di essere circondato da quel modo di cronometri, ripetute e maratone che oggi mi fa male, sarebbe facile rinunciare a ciò che piace fare e agli amici con cui sto bene dicendo non posso, ma io voglio dire non voglio. Non ci sarò e sono felice, per questa volta, di non esserci.

Un Biscottino in riparazione.


domenica 22 aprile 2012

Mezza maratona di Genova

Domenica si è corsa la MCM 2012, sulla finish line decisi che non avrei partecipato a "la mezza maratona di Genova". 
Correrla sarebbe stato un non senso, sapevo che mi sarebbe stato quasi impossibile finirla e del tutto impossibile finirla nel tempo massimo di gara.
Così, latitando tutta settimana, sono riuscito a far correre Ale senza tutto il mio peso e la mia presenza al suo fianco, finalmente libera. 
Così libera da fardelli ha potuto volare ed ha così chiuso con uno splendido 1.59:03 real time, suo PB sotto le due ore.
Ale è forte, atleticamente preparata e con una grande passione per questo sport, che la diverte, e tanto. In questi tempi la sua decisione di correre tutte le corse al mio fianco l'ha demotivata, ma, fortunatamente, la tappa alla MCM corsa con Fabrizio e gli atleti Abbraccio l'hanno nuovamente ricaricata riportando quella voglia, sana, di fare bene. Dopo domenica ha deciso di correggere il suo programma con il PT e le si sono  illuminate nuovamente le pupille. 
Sono felice di non aver corso, ed un po' non lo nego, nella mia decisione ha contribuito la volontà di di dare ad Ale la possibilità di un riscatto, di piombare nuovamente nel suo sport; detto in altri termini (in francese) volevo levarmi dal cazzo.
Oggi Ale è partita ed ha realizzato una corsa fantastica chiusa in un tempo di tutto rispetto oltre 10 minuti sotto il tempo fatto all'Alpin cup con il pacer Peppe. 

Questa cosa mi riempie di immensa gioia e  felicità. 

Oggi la mia assenza mi ha fatto felice, ma mi ha anche fatto capire che è tempo di cambiare, di dare un new deal, reale, alla mia vita, di lasciare la possibilità ad Ale di volare e di realizzare quella frase che Peppe ogni volta le ripete "lo dico a te, a lui non parlo neppure, a quando la 42?" Peppe ha visto lungo! Ora Ale vola per me.






Un saluto a tutti i marziani Genovesi, complimenti a Peppe e Marino per il loro P.B. e al Bigno per il suoi 100km.

Ci rivedremo, un giorno ... 


mercoledì 18 aprile 2012

MCM Relay 2012

Tutti gli anni arriva l'appuntamento con la Milano City Marathon, certo, in generale correre a Milano non è così coinvolgente come correre in altre città, Milano è fredda, scorbutica, caotica e nelle occasioni in cui al milanese medio si impedisce di fare la cosa che più ama fare, ossia andare in macchina ovunque, questo diventa veramente "scatenato". Così quest'anno una amministrazione cittadina, un filo più sensibile della precedente, ha deciso di proclamare la giornata della MCM, ma anche della Stramilano, "Domenica a piedi". Tutti felici, o quasi.
La scorsa edizione è stata caratterizzata da un caldo estivo prematuro, quella di quest'anno invece ha coinciso con l'arrivo del monsone di primavera. Ormai ogni anno assistiamo impotenti alla tropicalizzazione del nostro clima. Quindi una MCM sotto il segno del bagnato.
Il rito è sempre lo stesso: nella giornata precedente si ritirano i pettorali e si fanno due conti sugli orari previsti per il cambio, ci si saluta e tutti in attesa del D Day o Jour J.
Arriva così la mattina, ci siamo alzati, colazione abbondante, sguardo fuori dalla finestra: piove!
Ci si arma di coraggio, si disegnano le strategie per non utilizzare il deposito borse, riuscendo a stare coperti fino alla fine e riuscendo a cambiarsi subito. Si preparano gli zaini, io metto nel mio il cambio di Ale e lei nel suo il mio cambio. 
Usciamo.
Marino corre la prima tappa, Davide la seconda, Ale la terza ed io l'ultima.
Arriviamo verso le 10.30 in P.ta Venezia incontriamo Giulia, una collega, ed Emiliano Sacchi. Emiliano è sempre un mito, arriva fresco con ombrellone e pupazzetto di Cora al fianco. Beviamo un caffè. Nell'attesa vediamo Foianesi (che non ci vede) passare, fermarsi un attimo abbracciare la moglie e ripartire. Vediamo Laura di buon passo e rilassata, ho capito che avrebbe fatto un tempone. "Il Modesti" che non manchiamo di incitare. Alla fine, saluto Ale mi appresto, sotto la pioggia, a raggiungere Viale Papignano, che sarà la zona del mio cambio. Arrivo e continua a piovere, dopo aver girovagato per cercare un bagno - per fortuna trovato anche - vado verso la mia zona.
Nel girovagare ho visto anche due top runner di colore uscire sconsolati dalla tenda del soccorso, mesti, doloranti. Sinceramente li ho guardati e un po' mi hanno fatto tenerezza, le gazzelle ferite che cercano di tornare velocemente nella zona dell'arrivo con le loro gambe lunghe, magre e potenti immobilizzate e legnose.
Qui avrei dovuto capire che l'età avanza dal fatto che fino a 10 minuti prima del previsto cambio, ossia quando mi sono preparato e quindi ho visto il pettorale, ero fermamente convinto di essere tra i 501 e 600. Lo sguardo sul pettorale mi riporta alla realtà: 353! Cazzo! ecco perchè nella gabbia non ho visto Donata.
L'attesa è stata interessante, mi sono rifugiato in una cabina, non gabina come pensano i leghisti, telefonica - ho scoperto a cosa servono ancora - per ripararmi dall'acqua, quando una ragazza chiede, ed ottiene, ospitalità. Chiacchierando del più e del meno scopro che è la quarta frazionista della staffetta di Emilano e non solo scopro anche che lavora con Emiliano. Strane cose avvengono nelle giornate di pioggia.
Alla fine arriva anche il mio turno, arriva Ale, con i runners dell'Abbraccio: Fabrizio, Simona, Iron, etc mi passa il chip dicendomi che la sua tappa è volata correndo con loro. "Seguili vanno piano a 5.50" mi dice, ma io a 5.50 non riesco ad andare e lo so, quindi passo mio e in silenzio parto.
Ho deciso di correre senza musica, facendomi accompagnare dal rumore della pioggia e dei miei passi. Partenza veloce, avevo freddo, poi rinsavisco e rallento il ritmo. Già da subito mi rendo conto che non è la mia giornata fortunata, sento le gambe pesanti che faticano a imporre cambi di ritmo, l'unica cosa in cui riesco bene. 
Avevo come obiettivo di correre quegli 8 km in 50 minuti, scopro strada facendo che i km non sarebbero stati 8 ma 9, o almeno, lo realizzo dopo guardando il Garmin, per strada mi rendo conto solo che qualcosa nei conti non funziona. Ormai con la tabella della testa sballata, corro per quel che posso cercando di non pensare alle gambe pesanti. Sul percorso Trovo GioGio Cardella che decide di accompagnarmi e starmi a fianco fino all'arrivo, è stata una bella presenza. Mi spiace solo che quando corro sono ancora più rustico che quando non corro e quindi chiacchiero ancora meno.
Sboffocchiando e con le gambe dure come il marmo arrivo alla fine: ci ho messo 1.01.28, tempo ufficiale TDS, che questa volta coincide perfettamente con il tempo del mio Garmin.
Fin qui la cronaca di una bella giornata, rovinata solo dalla pioggia. Per il resto ho corso bene sotto la pioggia, per me era la prima volta, non ho mai corso sotto la pioggia. Ho apprezzato molto le lenti a contatto, utilissime.
Ora che è passato qualche giorno posso fare qualche considerazione a mente fredda, o forse è meglio di no. 
A volte è strano, si scivono sul blogo delle cose, come una volta si scrivevano sul diario segreto o sul diario di scuola. Cose che rappresentano i sentimenti che si provano, spesso si scrivono cose che tanto sai già non saranno condivise da nessuno, ma lo fai lo stesso. E' uno sfogo, un modo per esternalizzare i problemi o gli stati d'animo, forse solo una scaramanzia o ancor più semplicemente il bisogno del nostro animo di sfogarsi, di "buttare fuori", per riordinare le proprie idee.
In questi giorni ho preso coscienza di alcune cose, piacevoli e non. 
La prima è che "lo scazzo per la corsa" - come lo chiama Ale - in realtà non c'è: se lei può correre al suo passo e con amici felici si diverte e le piace ancora molto. Dovrebbe solamente "divorziare" dalla sua ostinata idea di correre assieme a me.
La seconda è che non ho nelle gambe lunghe distanze e che, come ci si aspettava, il lavoro che stiamo facendo per far recuperare forza e capacità di ammortizzare (pliometria) alla "gamba matta" non danno la giusta elasticità muscolare per correre.
La terza che non bisogna stare a gambe ferme per 4 giorni prima di una corsa.
La quarta è che bisogna dare i giusti tempi e le giuste priorità e che in questo momento, sulla scia di un inspiegato ottimismo, ho fatto il "passo più lungo della gamba", troppe corse, troppo lunghe, troppo vicine. Avrei dovuto mettere più attenzione nella scelta e nelle mie capacità che sono quelle che sono, indipendentemente dalla gamba. 
Ha ragione Peppe quando incita Ale, la sprona e, le fa capire, che deve staccarsi per spingere di più e che stare al mio fianco - correndo - non è cosa per lei.
E' stato un test, una giornata, avrei preferito il caldo alla pioggia, ma va bene uguale. Ora vorrei solo che la spugna dentro il ginocchio se ne vada, che io possa riprendere la capacità di salire "i pioli delle scale" correttamente e senza contorcermi, ma credo ci vorrà ancora un bel po' di tempo. Spero solo che non debba stare lontano per molto anche dalle mie montagne.