Biscottino è il nome che mi sono dato da fotografo, con questo nome corro coi Podisti da Marte. Andrea è il nome che porto nella vita, vita che con me è stata gentile mi ha dato amaro e dolce, luci ed ombre, amore ed odio.

giovedì 14 aprile 2011

La vita mi ha portato fino qui ...

Eccoci qui per quello che sarà probabilmente l'ultimo scritto prima dell'intervento, intervento ormai noto a tutti in quanto, per esorcizzare l'evento, non faccio altro che parlarne stracciandoveli, fatto sta comunque che oggi sento il prurito, quasi morboso, di esternare delle cose mie senza sapere il perchè.
Comunque, il tutto parte da lontano, da quando ero bambino, ma proprio bambino. Nel 1971 (alcuni di voi manco erano nati) io avevo 4 anni, sono infatti del 16 giugno 1967, entravamo nella casa di montagna che i miei genitori avevano costruito, con tanto sacrificio, in una valle all'epoca quasi sconosciuta: la Valsesia. Io non sapevo bene cosa fosse la montagna, avevo 4 anni e fino ad allora le mie vacanze estive le trascorrevo al mare. Però da subito mi accorsi che lo spirito della montagna era diverso, differente sia dal ritmo "cittadino" (il mio paesone Vigevano) sia dal ritmo del mare; mancava infatti la calura, l'agitazione e l'ozio tipico delle vacanze marittime.
Ricordo ancora oggi con perfezione quel viaggio trascorso sul camion dei traslocatori, sotto un diluvio terribile, ricordo bene l'arrivo, la casa non ancora perfettamente terminata, il muro di contenimento del condominio vicino caduto, mio nonno sprofondato in un terrapieno e molti altri fatti, ho dei ricordi molto vivi di quel bellissimo periodo della mia vita. 
Arrivò il primo inverno trascorso in montagna e ricordo benissimo che volevo provare a sciare, i miei genitori - sempre attenti che avessi il meglio - noleggiarono gli sci (di legno azzurri, con gli attacchi a molla e gli scarponi di pelle nera coi lacci rossi) e presero un maestro tutto per me: Ugolino. Lo sci mi eccitò da subito e anno dopo anno, diventai sempre più bravo, ma anche le attività estive mi piacevano, adoravo, nonostante la mia giovane età salire in montagna, sfidare i ripidi pendii per salire sempre più in alto. 

Capanna Regina Margherita, Punta Gnifetti - 4554 metri.
Fatto sta che nel 1978, all'età di 11 anni, mi trovavo ad osservare il cielo, le nuvole e le cime più alte d'Europa alla Capanna Regina Margherita. La salita avvenuta da Alagna Valsesia è durata due giorni, assieme a me alcuni amici e mio papà. Ero un bambino e ricordo benissimo il fascino della salita sul ghiacciaio, il freddo, la fatica. Vedevo i miei compagni di cordata perdere il fiato e sotto questo profilo i miei 11 anni mi aiutavano non tanto perchè avessi più fiato, ma solo per beata incoscienza. Alla fine, insomma, mi sono trovato per la prima volta a 4559, anche se in seguito la punta fu rimisurata a 4554. Che emozione! La vita mi aveva portato qui, molto vicino agli angeli.
In quegli anni molte furono le salite e molte furono le vette cadute sotto i miei piedi. 
Alla fine avevo una vita idilliaca, nella mia città, Vigevano, d'estate giocavo a Basket, quando andavo in montagna scappavo "su pei monti" e d'inverno lo sci, che meraviglia, il legante di queste attività era la scuola e studiare. 
Un giorno però, alcuni anni dopo la vita mi fece un regalo, né brutto, né bello, ma un regalo difficile.
Era il 1981 ed un giorno mi sono svegliato con il collo parecchio gonfio, come avere un pallone da pallamano appoggiato tra la spalla ed il collo, proprio sulla base. 

Policlinico San Matteo, Pavia - facciata principale
Dopo le prime visite il verdetto fu spietato, dovevo andare per approfondimenti presso l'ospedale San Matteo di Pavia nel reparto di ematologia. Cominciò un periodo difficile, nel quale non avevo coscienza esatta della mia malattia, ma qualcosa mi diceva che fosse grave. Alcuni anni dopo, quando il mio stato di salute e la mia età lo permettevano fu mia mamma a nominarmi per la prima volta il nome: Linfoma di Hodgkin. La mia vita è stata cambiata in un attimo, sul subito non me ne accorsi, ma piano piano mi rendevo conto che i miei amati sci dovevano restare in cantina, così come gli scarponi, l'amato zaino della Millet e addio partite a basket. Ci sono voluti alcuni mesi di accertamento in ospedale, poi circa 9 mesi di terapie, abbastanza invasive. Tre mesi di chemioterapia, tre mesi di radioterapia e gli ultimi tre di chemioterapia. Ricordo bene il viaggio con mio papà in Svizzera per comprare i farmaci del primo ciclo, siamo andati a Lugano, abbiamo fatto una bellissima passeggiata sul lago e tornando ci siamo fermati nel comasco a mangiare la polenta, solo ora, pensandoci mentre scrivo, posso immaginare il nodo che avrà avuto mio papà in questo viaggio. Ricordo anche un evento divertentissimo, mentre scendevamo con la nostra potente FIAT 128 special nel parcheggio sotterraneo (tre piani) continuavano a fischiare le gomme e sia io che mio papà ridevamo di gusto come due bambini - a ben vedere io ero un bambino. Insomma, nel 1982 la vita mi ha portato qui, questa volta molto vicino al purgatorio. Nel 1982 non pensavo alla morte ed alla sofferenza, ma ho conosciuto morte e sofferenza durante la mia degenza in policlinico e questa esperienza ha sicuramente contribuito a farmi diventare l'uomo, anzi l'ometto, che sono oggi. Questa esperienza ha fatto, però, di me un uomo perdente, perdente perchè per natura io sono sempre vicino agli sfigati, ai diseredati, ai dimenticati ed alle persone che soffrono, odio chi è troppo pieno di se e detesto le visioni minimaliste della vita. Non riesco proprio a concepire come sia possibile condurre una vita piena di odio ed egoismo, come si possa essere o diventare razzisti. Credo che questa predisposizione sia nata e cresciuta durante la sofferenza della malattia. Quindi nel 1982 fine dei giochi. Ho perso di vista per un po' le mie amate montagne, le mie amate piste da sci. 
La vita, però, è continuata. 
Considero gli anni successivi anni molto bui, anni che hanno spento la mia anima, che hanno appannato la mia visione. Fortunatamente a volte la vita toglie con la mano destra e restituisce con la mano sinistra. 

Monte Rosa, versante svizzero, al tramonto
Oggi salgo ancora le mie montagne e così nel 2010 sono salito fino alla Hörnlihütte, capanna ai piedi de "La montagna", il Cervino o Gran Becca, come piace chiamarla a me. Anche questo dono, però, non è stato indolore, per riaccendere la mia vita, c'è voluto uno shock, un evento incredibile: innamorarsi. La vita mi ha portato anche qui. 
La persona che amo mi ha avvicinato alla corsa, per caso, con la corsa ho conosciuto un gruppo di persone meravigliose: i podisti da Marte. 
Fabrizio, Giuseppe, Laura, Giuliana, Marino, Davide, Hanna, Emiliano, Antonio, Giovanna e tanti altri sono entrati nella mia vita riempiendola di gioia e di buon umore. Con loro ho scoperto che si può correre e fare del bene: raccogliere fondi, sempre pochi, regalare sorrisi. Oggi mi guardo allo specchio e vedo un uomo - insomma un ometto - diverso, vedo una persona viva, una persona che sorride, che ama, che vive. Oggi mi sento vivo! e pensa un po' la vita mi ha portato anche qui.

El tim del genoeucc
Mi ha portato a correre una tappa della Maratona di Milano con un legamento rotto e il menisco a fettine, per divertimento, per la sola voglia di farlo, per partecipare ad un charity program e per raccogliere fondi. Non mi sono mai sentito meglio di quanto non mi sia sentito domenica pomeriggio e i giorni successivi, anche se martedì quasi non riuscivo a reggermi in piedi. 

Istituto clinico Humanitas, Rozzano.

Lunedì la vita mi porterà qui, mi porterà a ricostruire un legamento rotto molti anni or sono, a sistemare un menisco a fette. Come andrà? non lo so e non lo posso sapere, ma sicuramente sarà un successo. 
Se andrà bene tornerò tra le mie montagne e sull'asfalto, ma se andrà male sicuramente troverò qualcosa che alla mia vita darà comunque un senso, donerà alla mia vita una finalità, piccola, ma pur sempre una finalità.




Ormai ve le ho affettate e molti denti si saranno cariati, se necessitate di un buon dentista chiedete pure, ma volevo spendere le ultime parole per dire arrivederci ai miei carissimi amici "Podisti da Marte" tutti, ma proprio tutti. Ci rivedremo presto "vestiti da cretini" (senza offesa) come dico sempre ogni volta che mi vedo con i miei pantaloni aderenti e la magliettina tecnica, questa è ovviamente un minaccia!Il tempo dirà dove mi porterà ancora la vita.

A presto amici miei.


P.S. l'ho scritto di getto, non lo rileggo e com'è uscito ve lo posto altrimenti inizio a tagliare e cambiare :-)

4 commenti:

  1. Ogni volta che ti guardi allo specchio vedi una persona bella nell'anima e nel cuore! Ogni volta che ti guardi allo specchio devi essere orgoglioso di come hai superato i momenti brutti, di quello che eri e di quello che sei! Ogni volta che ti guardi allo specchio immagina che la vita ha in serbo per te un futuro roseo e pieno di bellissime emozioni! Il mio augurio e' un in bocca al lupo per l'intervento e un arrivederci con le scarpette!!
    A presto grande UOMO!!!!
    Smack!

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  2. Andrea sei bravissimo a scrivere e trasmettere le emozioni... l'importante è non arrendersi mai e guardare sempre le cose con il cuore.

    A presto di corsa insieme
    Marinz

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  3. caro biscottino, non c'è due senza tre; in quell'ospedale ho visto salvare la vita a due persone, ed una di queste è mia madre(un aneurisma di 11.5 centimetri di diametro); vai, fai quello che devi fare e torna a stracciare la minchia come ci piace tanto vederti fare, noi siamo qui TUTTI ad aspettarti

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  4. Puoi farci piangere
    ma non puoi farci cedere
    noi siamo il fuoco sotto la cenere...

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